Sono poco meno di una trentina i principali servicer indipendenti attivi in Italia nella gestione di non performing loan sui quali si gioca la partita del consolidamento del settore e che a fine giugno 2016 sfioravano i 190 miliardi di euro in gestione, di cui circa 158 miliardi gestiti nella veste di special servicer e poco più di 30 miliardi come master servicer. Il calcolo è di PwC, che per MF-Milano Finanza in edicola da sabato 18 marzo ha interrogato il suo database per individuare i protagonisti del settore e dare un’idea, in base alle dimensioni del business, di chi potrebbe essere predatore e chi preda nell’ambito del processo di consolidamento in atto nel comparto. Il settore dei servicer è infatti in grande effervescenza, vista la mole di crediti in sofferenza che grava ancora sui bilanci delle banche italiane e che quindi rappresenta un potenziale importante incremento di business per chi di mestiere si occupa di monitoraggio, gestione e recupero dei crediti non performing (special servicer) e di chi si occupa di gestire le relazioni con gli organi di vigilanza nel caso di cartolarizzazioni di crediti (master servicer). “Il lavoro per i servicer è in continuo aumento in Italia e nei prossimi mesi lo sarà ancora di più, perché le linee guida della Bce in tema di gestione delle partite deteriorate porteranno le banche a essere molto più attente ai propri portafogli di npl, sia che decidano di cederli sia che decidano di lavorarli internamente”, ha detto a MF-Milano Finanza Gianluigi Benetti, head of financial services deals strategy di PwC. A voler comprare servicer indipendenti in Italia sono in prima battuta i servicer indipendenti italiani più grandi
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